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![]() Creare la propria famiglia: la gestione delle relazioni familiari e le conseguenze nella coppia
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![]() Creare la propria famiglia: la gestione delle relazioni familiari e le conseguenze nella coppia
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![]() Articolo a cura della Dott.ssa Maddalena Palumbo Il sostegno in psicologia si differenzia dalla psicoterapia e consiste in un intervento supportivo, svolto dallo psicologo e rivolto a persone che vivono momenti di crisi, disagi e difficoltà. Molto interessante è la distinzione degli interventi psicologici in tre livelli, dal più superficiale al più profondo, che fa Cawley (1987):
In ogni caso bisogna effettuare un’analisi della domanda per comprendere i veri bisogni della persona e per verificare se invece ha bisogno di una psicoterapia. La tecnica per eccellenza del sostegno in psicologia è il “colloquio psicologico”. Esso si basa sostanzialmente, da parte dello psicologo, sulla triade Rogersiana: “Empatia, Accettazione incondizionata” e “Congruenza”. Attraverso il colloquio psicologico il professionista accompagna l’utente nella chiarificazione ed espressione dei propri bisogni, dei propri sentimenti e delle proprie emozioni. La consulenza e il sostegno psicologico sono quindi tra gli strumenti di particolare importanza e rilievo nell'opera dello psicologo e hanno ampia applicazione in percorsi individuali, di coppia e di gruppo allo scopo di ripristinare il benessere psicologico. Nell'incontro con lo psicologo, lo scopo principale non è sostituire/ricostruire, ma "sostenere" le parti sane e le risorse positive che l'utente evidenzia. L'intervento di sostegno psicologico, quindi, si muove nel perseguimento di taluni obiettivi di cui principalmente:
Nel colloquio psicologico ci si avvale di tecniche di sostegno quali interventi psicopedagogici, brainstorming, somministrazione di questionari che diano allo psicologo più informazioni possibili e che, allo stesso tempo chiariscano alla persona tanti aspetti di cui non ha ancora consapevolezza. Alcuni degli interventi psicopedagogici sono: correggere le “Convinzioni Irrazionali” dopo averle fatte emergere, insegnare a come trovare soluzioni, utilizzo di questionari quali quelli per valutare le proprie aspettative e i bisogni, il questionario da cui si evince la “propria responsabilità” nel disagio/conflitto/crisi, ecc. Infine, ma non in ordine di importanza, insegnare “le abilità per comunicare” quali “I blocchi della comunicazione”, la tecnica comunicativa della “Comunicazione Non Violenta” in quattro tempi: osservazione, sentimento, bisogno, richiesta (Marschall Rosenberg). Concludendo, quindi, possiamo dire che le tecniche di sostegno in psicologia permettono di evidenziare i bisogni annessi alla richiesta di aiuto e sono un validissimo aiuto in quanto risultano essere in grado di produrre cambiamenti significativi nelle persone che si rivolgono al professionista.
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Articolo a cura della Dott.ssa Maddalena Palumbo
Molte sono le professioni che comportano, oltre alla preparazione teorica, sui libri, anche delle competenze da acquisire praticamente con tirocini e similari. Essi consistono in esperienze professionali guidate per osservare nel “concreto” ciò che si è appreso nella teoria. Successivamente è possibile sostenere l’Esame di Stato cha abilita alla professione ad es. di avvocato, di commercialista, di ingegnere, di architetto, di geometra ecc. La professione psicologica, diversamente dalle altre su citate, richiede qualcosa in più, ovvero delle particolari capacità. Oltre alla conoscenza della materia, infatti, oltre alla laurea, che dà la conoscenza e oltre al tirocinio che dà la competenza, oltre all’EdS che dà l’abilitazione alla professione e l’iscrizione all’Albo, richiede anche un percorso personale. Non tutte le scuole danno uguale importanza a questo processo che, a mio avviso, è fondamentale e che la scuola ASPIC ha da sempre ritenuto obbligatorio per i propri studenti. Perché questo ulteriore “aggravio” sia di tempo che di danaro? Coloro che esercitano una professione psicologica, siano essi psicoterapeuti, psicologi, dottori in tecniche psicologiche, counselor, ecc … si trovano di fronte a persone che cercano un aiuto di tipo “psicologico” che, mi sembra evidente, risulta essere molto diverso rispetto all’aiuto richiesto alle altre tipologie di professionisti. Si richiede quindi quel qualcosa in più di cui sopra, ovvero degli apprendimenti emozionali: non solo cultura e tecnica, dunque, ma riconoscere e gestire le proprie emozioni prima di cimentarsi nel riconoscere e gestire le emozioni altrui. Chi di noi non si è ritrovato, durante la propria vita lavorativa, in seduta di fronte ad una persona, una coppia o un gruppo che richiamavano nostre antiche dinamiche emozionali, nostre proiezioni e nostre risonanze? Ciò accade sovente ed è necessario, quindi, porvi rimedio ed essere pronti a fronteggiare il rischio di essere agganciati nelle dinamiche personali degli utenti. Queste capacità “particolari” di cui ho accennato sopra, si acquisiscono appunto attraverso un percorso personale. È in questo contesto che il professionista entra in contatto con se stesso e consapevolizza le dinamiche che ha tra sé e l’altro, è qui che affronta i propri “demoni” e solo così sarà pronto ad aiutare il paziente ad affrontare i suoi. Ecco perché il percorso personale, non è solo importante ma è addirittura fondamentale, indispensabile. Si possono conoscere meglio emozioni e sentimenti altrui se anche noi le abbiamo esperite. Il percorso personale è un “viaggio” che ci porta da noi agli altri, Anni fa mi trovai a parlare con un collega che veniva invischiato nelle dinamiche relazionali dei pazienti nonostante gli fosse stato insegnato che, insieme alla congruità, all’empatia e all’accettazione incondizionata, bisognava rispettare i “confini” mantenendo la “giusta distanza”. Ne rimasi molto colpita e cercai di capire come mai potesse accadere: forse si trattava di una casualità, ma seppi da lui che la sua scuola aveva ritenuto facoltativo il percorso personale e lui non lo aveva fatto! Il percorso personale, infine, ammaestra a gestire eventuali controtransfert e risulta essere molto importante, essenziale, in quanto diventa un’ulteriore forma didattica psico pedagogica per il fatto che si è coinvolti direttamente nell’esperienza della relazione clinica e si possono vedere le modalità che vengono messe in atto. Ciò rappresenta un grande valore aggiunto! A cura della Dr.ssa Maddalena Palumbo
Il codice deontologico è un codice di comportamento, generalmente avente efficacia normativa, a cui il professionista deve attenersi per l’esercizio della sua professione. Esso stabilisce e definisce le concrete regole di condotta che devono necessariamente essere rispettate nell’esercizio della specifica attività professionale. Il codice deontologico degli psicologi è stato approvato dal consiglio nazionale il 28 giugno del 1996 e, dopo approvazione attraverso un referendum, è entrato in vigore il 16 febbraio 1998. Nel testo del 2006, approvato dal consiglio nazionale dell’ordine ai sensi della legge n. 56/89, si afferma che “Il professionista che opera nell’ambito delle tecniche psicologiche è tenuto al rispetto del codice deontologico”. Si fa quindi riferimento anche al Dottore in Tecniche Psicologiche, iscritto all’Albo B, anche se non viene mai citato esplicitamente. Anch’egli è tenuto al rispetto di tale codice. Il codice deontologico quindi fissa le norme dell’agire professionale e definisce i principi guida che strutturano il sistema etico in cui si svolge la relazione con il paziente. Il codice deontologico è costituito da 42 articoli suddivisi in cinque gruppi omogenei, che vanno a costituire i seguenti capi:
Eugenio Calvi (2000) individua nel nostro codice deontologico quattro “finalità ispiratrici”:
Inoltre, Calvi, afferma che alla base del codice vi sono anche dei “principi generali” necessari all’attività professionale:
Nei “rapporti con l’utenza” lo psicologo:
Nei “rapporti con i colleghi”, il professionista deve:
Dal punto di vista deontologico, gli articoli più delicati a cui devono porre attenzione gli iscritti all’Albo B, sono quelli che marcano due principi fondamentali: i limiti della competenza e la corretta pubblicità verso il cliente.
Riguardo alla corretta pubblicità, gli iscritti all’Albo:
Art. 24. (…) Lo psicologo fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse (…). Bibliografia Emilia Wanderlingh e Daniele Russo. professione Psicologo, manuale di preparazione all’Esame di Stato. Edizione Alpha Test 1 Ad oggi nonostante la legge autorizzi alla somministrazione di test standardizzati anche l’iscritto all’albo B, vi sono case editrici che impongono restrizioni alla vendita in modo arbitrario. A cura di Maddalena Palumbo.
Ad oggi sono molteplici le attività di tipo psicologico: lo Psicologo, lo Psicoterapeuta, il Dottore in Tecniche Psicologiche, il Counselor, il Mediatore Familiare ecc. Le prime tre sono le sole professioni psicologiche che, allo stato attuale, rientrano tra le attività sanitarie che sono riconosciute dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, CNOP, dopo relativa iscrizione all’Albo Regionale. Ciascuna di queste attività ha necessità di un preciso e tipico percorso per apprendere conoscenze, competenze e strategie da applicare per aiutare le persone che si rivolgono a loro, avendo come centralità il “benessere psicologico” dei pazienti. I percorsi, quindi, come detto sopra, sono precisi e specifici per arrivare all’iscrizione all’Albo. Ma qual è dunque la differenza tra psicologo psicoterapeuta? Consiste appunto nel tipo di percorso e nella conseguente abilitazione per il tipo di intervento. Lo psicologo è il soggetto che ha studiato per cinque anni conseguendo prima la laurea triennale e poi la laurea magistrale con un indirizzo specifico in una determinata area della psicologia. Oltre all’indirizzo clinico, infatti, ne esistono altre che permettono di acquisire abilità e compiti specifici in settori delicati come: lavoro, comunità, scienze cognitive, ecc. A questo punto si è laureati in psicologia, ma ancora non si ha diritto al titolo di psicologo. Come si raggiunge questo titolo? È necessario fare un anno di tirocinio, della durata di mille ore. Esso si deve svolgere presso enti convenzionati con l’università di appartenenza. Vi sono strutture che si interessano di bambini e adolescenti (età evolutiva), di anziani, di famiglia, di coppia ecc. Il laureato, quindi, sceglierà quella che gli è più consona anche in vista del bacino di utenza che vorrà avere e del tipo di lavoro che vorrà svolgere. Anche dopo l’anno di tirocinio il percorso non è ancora terminato: è in agguato il famigerato esame di Stato che spaventa la maggior parte degli studenti! Questo esame consta di quattro prove di cui tre scritte e una orale. Il superamento di tale esame darà diritto all’iscrizione all’Albo degli Psicologi della regione di appartenenza. Gli Albi Regionali sono riconosciuti dal CNOP, e solo dopo questa iscrizione ci si può fregiare del titolo di Psicologo. A questo punto, cosa manca ancora per diventare uno psicoterapeuta? Manca ancora un percorso alquanto lungo e impegnativo: la specializzazione! Essa consiste nel frequentare una scuola, di specializzazione appunto, della durata di quattro anni, al fine di raggiungere una specifica formazione teorica e pratica. A queste scuole vi possono accedere sia il laureato in psicologia, come su detto, che i laureati in Medicina e Chirurgia. Le scuole di specializzazione devono essere riconosciute dal MIUR secondo le normative vigenti. Esse rispecchiano tipologie diverse e specifiche di intervento: psicoanalisi, cognitivo, cognitivo-comportamentale, analisi transazionale, Gestalt, sistemica relazionale, familiare e tante altre. Inoltre vi sono scuole cha prediligono una formazione pluralistico integrata, come ad esempio la scuola ASPIC (Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell’Individuo e della Comunità). Ogni Psicologo farà un’attenta analisi, valutazione e selezione della scuola da preferire perché è da essa che dipenderà il suo futuro lavorativo e direi personale, nel senso di soddisfazione e appagamento, visto che gran parte della vita di ciascuno è assorbita dal lavoro. È importante sapere che alcune scuole consigliano mentre altre impongono un percorso personale di psicoterapia come strumento necessario ad affrontare il lavoro tutt’altro che semplice di psicoterapeuta. La mia opinione personale è che il percorso debba essere prescritto in quanto non ci si può dedicare al benessere psicologico altrui se prima non ci si è dedicati al proprio, lavorando su se stessi e sulle proprie dinamiche disfunzionali: chi può sostenere di non averne? Questo percorso servirebbe come base per riuscire a fronteggiare ad esempio situazioni di risonanze rispetto al proprio vissuto. Al termine dei quattro anni di specializzazione, previa presentazione di una tesi e di un esame finale, coloro che avranno superato tali verifiche, potranno fregiarsi del titolo di Psicoterapeuta e potranno comunicarlo all’Ordine di appartenenza. Fin qui le differenze del percorso da fare per conseguire il titolo di psicologo o di psicoterapeuta. Ma quali sono poi le differenze pratiche nell’attività professionale? In generale, lo psicologo può somministrare test, svolgere colloqui a fini diagnostici, selezionare il personale, realizzare attività di orientamento tramite colloquio individuale o di gruppo, eseguire attività educative in piccoli gruppi per promuovere abilità psico-sociali, interviene per la prevenzione, diagnosi, attività di abilitazione, di riabilitazione e di sostegno rivolte a persone, gruppi, organismi sociali e comunità. Inoltre può svolgere attività di sperimentazione, ricerca e formazione nell’ambito prescelto. In particolare, l’indirizzo clinico consente una peculiare specializzazione nel settore della salute mentale, diagnosi psicologica e interventi volti all’aiuto. In sintesi i compiti e le mansioni dello psicologo sono: diagnosi e cura di disturbi psicologici; prevenzione del disagio e promozione della salute; supporto psicologico; consulenza psicologica (counseling); attività di riabilitazione; programmazione e verifica di interventi psicologici, psico-sociali e psicoeducativi. Lo psicologo, inoltre, può fare delle valutazioni della problematica presentata dal paziente e può ritenere necessario un “trattamento psicoterapeutico”: questo è di competenza esclusiva di questo professionista. Lo psicoterapeuta quindi è abilitato a svolgere la psicoterapia, un percorso di trattamento per i disturbi psicopatologici, utilizzando specifiche tecniche psicoterapeutiche apprese nel percorso di specializzazione. Concludendo questa dissertazione sulle differenze tra psicologo e psicoterapeuta mi piace sottolineare che comunque entrambe le figure professionali, durante i loro incontri con i pazienti, devono necessariamente mettere in pratica l’ascolto attivo, l’ empatia e l’accettazione incondizionata con particolare attenzione alla comunicazione, alla fiducia e all’alleanza di lavoro! Per avere maggiori informazioni potete contattarmi: maddalena.palumbo@libero.it info.pacificazione@gmail.com |
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