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![]() Creare la propria famiglia: la gestione delle relazioni familiari e le conseguenze nella coppia
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Articolo a cura della Dott.ssa Maddalena Palumbo
Molte sono le professioni che comportano, oltre alla preparazione teorica, sui libri, anche delle competenze da acquisire praticamente con tirocini e similari. Essi consistono in esperienze professionali guidate per osservare nel “concreto” ciò che si è appreso nella teoria. Successivamente è possibile sostenere l’Esame di Stato cha abilita alla professione ad es. di avvocato, di commercialista, di ingegnere, di architetto, di geometra ecc. La professione psicologica, diversamente dalle altre su citate, richiede qualcosa in più, ovvero delle particolari capacità. Oltre alla conoscenza della materia, infatti, oltre alla laurea, che dà la conoscenza e oltre al tirocinio che dà la competenza, oltre all’EdS che dà l’abilitazione alla professione e l’iscrizione all’Albo, richiede anche un percorso personale. Non tutte le scuole danno uguale importanza a questo processo che, a mio avviso, è fondamentale e che la scuola ASPIC ha da sempre ritenuto obbligatorio per i propri studenti. Perché questo ulteriore “aggravio” sia di tempo che di danaro? Coloro che esercitano una professione psicologica, siano essi psicoterapeuti, psicologi, dottori in tecniche psicologiche, counselor, ecc … si trovano di fronte a persone che cercano un aiuto di tipo “psicologico” che, mi sembra evidente, risulta essere molto diverso rispetto all’aiuto richiesto alle altre tipologie di professionisti. Si richiede quindi quel qualcosa in più di cui sopra, ovvero degli apprendimenti emozionali: non solo cultura e tecnica, dunque, ma riconoscere e gestire le proprie emozioni prima di cimentarsi nel riconoscere e gestire le emozioni altrui. Chi di noi non si è ritrovato, durante la propria vita lavorativa, in seduta di fronte ad una persona, una coppia o un gruppo che richiamavano nostre antiche dinamiche emozionali, nostre proiezioni e nostre risonanze? Ciò accade sovente ed è necessario, quindi, porvi rimedio ed essere pronti a fronteggiare il rischio di essere agganciati nelle dinamiche personali degli utenti. Queste capacità “particolari” di cui ho accennato sopra, si acquisiscono appunto attraverso un percorso personale. È in questo contesto che il professionista entra in contatto con se stesso e consapevolizza le dinamiche che ha tra sé e l’altro, è qui che affronta i propri “demoni” e solo così sarà pronto ad aiutare il paziente ad affrontare i suoi. Ecco perché il percorso personale, non è solo importante ma è addirittura fondamentale, indispensabile. Si possono conoscere meglio emozioni e sentimenti altrui se anche noi le abbiamo esperite. Il percorso personale è un “viaggio” che ci porta da noi agli altri, Anni fa mi trovai a parlare con un collega che veniva invischiato nelle dinamiche relazionali dei pazienti nonostante gli fosse stato insegnato che, insieme alla congruità, all’empatia e all’accettazione incondizionata, bisognava rispettare i “confini” mantenendo la “giusta distanza”. Ne rimasi molto colpita e cercai di capire come mai potesse accadere: forse si trattava di una casualità, ma seppi da lui che la sua scuola aveva ritenuto facoltativo il percorso personale e lui non lo aveva fatto! Il percorso personale, infine, ammaestra a gestire eventuali controtransfert e risulta essere molto importante, essenziale, in quanto diventa un’ulteriore forma didattica psico pedagogica per il fatto che si è coinvolti direttamente nell’esperienza della relazione clinica e si possono vedere le modalità che vengono messe in atto. Ciò rappresenta un grande valore aggiunto!
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